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Il disagio
psichico degli insegnanti italiani
In Francia, dopo gli ultimi allarmanti dati sui suicidi tra i docenti, il governo è corso ai ripari affiancando uno psichiatra di supporto ogni 300 insegnanti. "In Italia - dichiara Vittorio Lodolo Doria, medico e responsabile dell'area Studio e tutela del benessere psicofisico degli operatori scolastici dello Iard - nessuno si preoccupa di un fenomeno che è soggetto ad un rapido aumento".
Nel 2004, un articolo dello stesso Doria (ed altri)
pubblicato sulla Medicina del Lavoro, dimostrava come gli insegnanti del Bel Paese rappresentino una delle categorie maggiormente soggette a
malattie psichiatriche. Su 774 richieste di inabilità
al lavoro presentate da maestre e prof, metà (49,8 per cento) era causata da
patologia psichiatrica. Tra gli impiegati, l'incidenza dello stesso tipo di
disturbo si attestava al 37 per cento per scendere al 17 per cento fra gli
operai. Oggi, secondo le ultime rilevazioni, la percentuale di
"psicopatie" tra le richieste di inabilità al lavoro nei docenti è al
70 per cento. "Segno che il problema va affrontato subito e non è più
possibile aspettare", spiega Lodolo Doria.
Di fronte ad alunni sempre più "vivaci" e ad una
scuola complessa e stressante, un numero crescente di insegnanti annaspa. E i
dirigenti scolastici, di fronte ai casi limite sempre più frequenti, non sanno
che pesci prendere. L'indagine Anp-Iard ha preso in considerazione oltre 1.400
questionari compilati da dirigenti scolastici o stretti collaboratori all'opera
in 11 regioni italiane. Due su tre hanno dichiarato di avere "dovuto
affrontare, almeno una volta in prima persona, casi di disagio mentale
professionale". Meno di un dirigente scolastico su 4 "è a conoscenza
dei rischi di salute di origine professionale negli insegnanti: la gran parte
si limita a riconoscere un malessere (il "burnout", letteralmente la
"fusione") rifiutando di pensare che questo malessere possa evolvere
in patologia psichiatrica".
Ma non solo. Solo 3 presidi su 10 di fronte agli insegnanti
"scoppiati" si "sentono professionalmente all'altezza della
situazione". Coloro che non hanno mai affrontato direttamente casi di
disagio mentale degli prof "sottovalutano i rischi di incolumità
dell'utenza" e 2 dirigenti su 3 confessano di non sentirsi
"opportunamente appoggiati dagli uffici competenti": Uffici
scolastici provinciali (gli ex provveditorati) e regionali.
Il grido di aiuto lanciato dai presidi, che chiedono sul tema
maggiore formazione, si trasforma in atto d'accusa nei confronti dei medici. Il
40 per cento dichiara, infatti, che i medici "come l'opinione pubblica non
sono informati" e "nutrono gli stessi stereotipi dell'opinione
pubblica. Anche secondo i medici fare l'insegnate sarebbe un lavoro leggero.
"Da quando - dichiara Giorgio Rembado, presidente dell'Anp - sono venuti
in superficie i numerosi contrasti che il confronto intergenerazionale provoca
dentro le aule l'opinione pubblica sta scoprendo una realtà tanto dissimile
dall'idea di scuola che si era fatta da far gridare, anche a ragione, all'esplosione
di un'emergenza educativa".
Emergenza che richiede "un approccio più ragionato
attraverso l'utilizzo degli strumenti che l'analisi scientifica mette a
disposizione". "Il malessere di cui si parla - spiega Rembado -
affligge in primo luogo gli insegnanti" ma non dobbiamo dimenticare
"il dovere di tutelare gli studenti di fronte a docenti colpiti da
sindrome di disagio mentale professionale". Insomma, "non si può
girare la testa dall'altra parte".
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